La
LEGALITA’ è …
Se
parliamo di LEGALITA’ vuol dire certamente che, nella nostra società, sono
presenti comportamenti non legali
(ovvero, comportamenti non rispettosi della Legge), che mettono in crisi i rapporti e gli stessi principi della convivenza
civile, che tendono a minare le basi democratiche della nostra organizzazione
sociale.
Eppure, vivere nella legalità dovrebbe
essere l’espressione della “normale” quotidianità per tutti quegli atti che una
persona svolge, nel sistema delle relazioni sociali di cui è soggetto e
protagonista.
Tutti dovremmo (e, pertanto, dovremmo
essere chiamati a) vivere nella legalità.
La
legalità dovrebbe essere la direttrice dei nostri comportamenti.
Vivere
la nostra vita nella legalità, vuol dire avere consapevolezza che il rispetto
delle regole, che attengono sempre ad una volontà comune e condivisa, e che
pertanto vanno intese come valore, deve essere il denominatore comune dei
comportamenti di tutti. Non farne pratica quotidiana, non accettare di
rispettarle, rifiutarle, apre ad atteggiamenti, a comportamenti, ad una
mentalità di illegalità che porta a barattare diritti con doveri, ad accettare
e a favorire tutte le scorciatoie possibili per arrivare (che importa come!). E’ in questa dinamica che si
strutturano arroganza, abusi, violenze; da qui i prevaricatori, i profittatori,
i disonesti.
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Noi, che siamo
componenti di questa società, territorialmente definita, abbiamo a che fare con
questi comportamenti? Noi, che ci
reputiamo cittadini (quasi) modello, cosa c’entriamo con questi discorsi?
Forse possiamo
trovare un aiuto (a riflettere più approfonditamente), in due pensieri che ci
hanno lasciato due uomini del XX secolo.
“Il giusto non è
incolpevole delle azioni del malvagio” (Kahlil
Gibran, poeta, pittore e filosofo libanese, 1883-1931)
“Ciò che e’
dannoso nel mondo non sono gli uomini cattivi, ma il silenzio di quelli buoni”
(Martin Luther King).
(forse volevano
dire che)
Il
“giusto/buono” che è consapevole di ciò che accade e resta in silenzio diventa
corresponsabile.
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Tra
tutte le istituzioni, la Scuola è chiamata ad assumere un ruolo centrale nell’educare alla legalità e nel
diffondere una cultura di valori civili, in quanto luogo privilegiato in cui
poter attivare interventi/percorsi di formazione in tal senso.
La
Scuola è luogo in cui si apprendono le norme essenziali del vivere civile, si
impara a rispettare le libertà e i diritti di tutti, si acquista consapevolezza
del fatto che il rispetto delle regole nella vita quotidiana migliora la
qualità della vita stessa; è luogo di tutela dei diritti e di esercizio di
doveri e pone fra le sue finalità quella di educare noi giovani generazioni a
diventare cittadini consapevoli, sviluppandone il senso civico, la capacità di
assumerci la responsabilità del proprio e dell’altrui futuro.
La
cultura della legalità può diventare il nesso, la congiunzione tra l’istruzione
e l’esperienza, attraverso il coinvolgimento attivo degli studenti nella vita
della scuola, con l’obiettivo di sviluppare la nostra capacità di assumere
impegni, di autoregolarci e di amministrarci, per spronarci ad un costante
impegno sociale.
Diventa,
pertanto, prioritario sviluppare e potenziare la conoscenza dei valori costituzionali
attraverso interventi educativi centrati sui temi della cittadinanza
democratica ed attiva.
Noi
giovani abbiamo bisogno di Voi e Voi adulti di noi, alla legalità ci si educa
insieme. Una testimonianza preziosa, è quella di Nino Caponnetto. «La mafia
teme più la scuola della giustizia. L'istruzione toglie erba sotto i piedi
della cultura mafiosa» diceva il grande magistrato che tra il 1983 e
il 1988 - dopo l'uccisione di Rocco Chinnici - Il suo impegno per la giustizia
non è finito con la carriera di magistrato. Dopo essere andato in pensione,
"nonno Nino", come veniva affettuosamente chiamato, ha iniziato a
girare l'Italia per dare voce a una memoria da trasformare in impegno, e
trasmettere ai giovani il senso di una legalità da costruire a partire dalle
nostre scelte quotidiane. È la cultura, ci ha insegnato Caponnetto, che dà la
sveglia alle coscienze.
Una testimonianza storica ci è data pure da Calamandrei quando dice “voi giovani alla Costituzione dovete
dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra;
metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto
(questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel
mondo non è solo, non è solo che siamo in più, che siamo parte, parte di un
tutto, un tutto nei limiti dell'Italia e del mondo.”
“ La Costituzione, è
l'affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana,
della sorte comune che se va a fondo, va a fondo per tutti,
questo bastimento”.
Il
rispetto della legalità, la conoscenza dei principi costituzionali,
l’osservanza dei diritti e dei doveri sono i mezzi più adeguati per farci
divenire giovani protagonisti in un
progetto comune e solidale volto allo sviluppo della società.
Concludo
citando un pensiero di Teodore Rooselvet
“L’Uomo
nell’Arena”
Chi conta non è il critico, non è l’uomo che fa
vedere dove una creatura è inciampata o dove un realizzatore avrebbe potuto
fare meglio. Il merito appartiene all’uomo che veramente si trova nell’arena,
con la faccia coperta di polvere, di sudore e sangue:all’uomo che lotta
valorosamente, che sbaglia ma ritenta ripetutamente, giacché non c’è sforzo
senza errore e difficoltà, all’uomo che realmente punta verso
la realizzazione dell’impresa, che conosce la grande dedizione, che
consuma se stesso per una grande causa, un uomo che nella migliore delle
ipotesi alla fine raggiunge la meta e il trionfo e, nella peggiore, se fallisce
dopo aver osato tanto, sa che il suo posto non sarà mai tra coloro che hanno un
animo gelido e pusillanime e non conoscono né la vittoria, né la sconfitta.
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Prof. Antonio Passannanti