Art. 53 Cost.: funzione solidaristica e principio di
uguaglianza
L’art.
53 Cost. garantisce costituzionalmente la partecipazione alle spese pubbliche
dei singoli che pongano in essere manifestazioni economicamente valutabili.
Tutti gli individui che vengono a contatto con una certa comunità sono tenuti a
contribuire secondo le modalità fissate dall’autorità politica, a contribuire
alle spese pubbliche.
E‘ questa la funzione solidaristica dell’art.
53 Cost: il tributo è un dovere di convivenza sociale, di cooperazione fra
soggetti appartenenti allo stesso gruppo sociale, al fine di dividere le
spese comuni.
Al legislatore spetta decidere quali devono
essere le spese pubbliche, in relazione ai compiti che lo Stato si attribuisce
e alle condizioni economiche del Paese. La scelta politica di come finanziare
tali spese deve tener conto di diversi interessi, fra loro a volte
contrapposti: promozione dello sviluppo, meritevolezza della promozione di
alcuni settori della vita sociale, rispetto dell’integrità patrimoniale dei
singoli, necessità di contemperare semplicità e certezza del prelievo a fronte
di manifestazioni economiche molto diverse e complesse da individuare.
L’art. 53, I comma, rappresenta non solo un criterio di misurazione del prelievo di ricchezza, ma anche il presupposto di legittimità dell’imposizione tributaria e si collega strettamente al principio di uguaglianza sancito nell’art. 3 Cost. Infatti da esso si desume che le prestazioni tributarie devono gravare in modo uniforme su soggetti che manifestano la stessa capacità contributiva, e in modo differente, secondo il criterio della progressività, su soggetti che hanno manifestazioni di ricchezza differenti.
L’art. 53, I comma, rappresenta non solo un criterio di misurazione del prelievo di ricchezza, ma anche il presupposto di legittimità dell’imposizione tributaria e si collega strettamente al principio di uguaglianza sancito nell’art. 3 Cost. Infatti da esso si desume che le prestazioni tributarie devono gravare in modo uniforme su soggetti che manifestano la stessa capacità contributiva, e in modo differente, secondo il criterio della progressività, su soggetti che hanno manifestazioni di ricchezza differenti.
Art. 53 : definizione e
storia II
La capacità
contributiva è l’idoneità economica dell’individuo a concorrere alle spese
pubbliche, la quale si esprime attraverso indici economicamente valutabili,
quali un patrimonio, un reddito, una spesa per consumi o investimenti,
fenomeni, cioè, sempre suscettibili di valutazione economica. Sono invece incostituzionali
imposte che colpiscano fenomeni diversi non suscettibili di una tale
valutazione, per esempio imposte che incidano lo stato civile di una persona. La Corte, con
la sentenza numero 45 del 1964 ha
stabilito che: "Per capacità contributiva si deve intendere l’idoneità
economica del contribuente a corrispondere la prestazione coattiva
imposta". Lentamente, dunque, viene meno l’originario significato vago ed
indeterminato attribuito dagli economisti, per rivelare un concetto importante
quale quello di forza economica. Di conseguenza l’articolo 53 della
Costituzione cessa di essere una norma meramente programmatica, per diventare
una norma precettiva, cioè con efficacia vincolante per il legislatore
ordinario.
Nella nozione di capacità contributiva occorre dunque individuare sia l’elemento solidaristico tutelato dall’art. 2 della Cost., sia l’elemento economico: la capacità contributiva esprime la funzione di garanzia e tutela dei diritti, costituendo un vero e proprio limite costituzionale al potere d’imposizione.
Nella nozione di capacità contributiva occorre dunque individuare sia l’elemento solidaristico tutelato dall’art. 2 della Cost., sia l’elemento economico: la capacità contributiva esprime la funzione di garanzia e tutela dei diritti, costituendo un vero e proprio limite costituzionale al potere d’imposizione.
Art. 53 : definizione e
storia II
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese
pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è
informato a criteri di progressività.
Le prime
analisi svolte sull’articolo 53 della Costituzione portarono ad
un’interpretazione svalutativa del concetto di capacità contributiva,
attraverso l’attribuzione di un senso vago ed indeterminato. Gli economisti, i
primi ad analizzare questo concetto, lo considerarono come una "scatola
vuota" a cui il legislatore poteva attribuire la portata più varia a
seconda delle scelte di politica fiscale contingenti. Prevalse però presto
l’idea che l’articolo 53 fosse una norma programmatica, quindi non di immediata
applicazione:il legislatore aveva la possibilità di procedere successivamente a
una più completa determinazione e specificazione di tale concetto. La
conseguenza di tale interpretazione del principio di capacità contributiva fu
che una norma che avesse potenzialmente violato tale principio, non potesse
essere sottoposta al vaglio di legittimità da parte della Corte costituzionale.
Dopo poco, però, con la storica sentenza n. 1 del 1956, la Consulta modificò
tale impostazione, stabilendo che la verifica della legittimità costituzionale
di una norma può anche derivare dal contrasto con una norma programmatica.
Art.53 e limite quantitativo
alla misura della prestazione
Il
sacrificio patrimoniale che viene imposto ai consociati deve essere
proporzionale alla concreta possibilità del singolo di potersi privare di una
parte della propria ricchezza per metterla a disposizione della collettività,
dopo aver soddisfatto i suoi bisogni essenziali.
Un reddito minimo non può in alcun modo essere considerato un indice di capacità contributiva, per cui lede l’art. 53 Cost. ogni tributo che possa incidere su tale minimo. Vi è dunque un limite massimo alla misura del tributo: spetta al legislatore, nella sua discrezionalità, fissare tale tetto, nel rispetto del principio di ragionevolezza e tenendo conto di tutti i tributi che gravano su di una medesima manifestazione di ricchezza.
Un reddito minimo non può in alcun modo essere considerato un indice di capacità contributiva, per cui lede l’art. 53 Cost. ogni tributo che possa incidere su tale minimo. Vi è dunque un limite massimo alla misura del tributo: spetta al legislatore, nella sua discrezionalità, fissare tale tetto, nel rispetto del principio di ragionevolezza e tenendo conto di tutti i tributi che gravano su di una medesima manifestazione di ricchezza.
Un tributo deve rispettare quanto previsto
dall’art. 53, collegandolo sinergicamente agli altri principi garantiti dalla
Costituzione, fra i quali, in particolare,il diritto alla salute ex art. 32
Cost.
La Corte Costituzionale, con la sentenza 134 del 1982, stabilì, in tema di detraibilità delle spese mediche dal reddito imponibile, che tale detrazione non può essere generale ed illimitata, ma va concretata e commisurata dal legislatore ordinario secondo un criterio che concili le esigenze finanziarie dello Stato con quelle del cittadino chiamato a contribuire ai bisogni della vita collettiva, non meno pressanti di quelli della vita individuale.
La Corte Costituzionale, con la sentenza 134 del 1982, stabilì, in tema di detraibilità delle spese mediche dal reddito imponibile, che tale detrazione non può essere generale ed illimitata, ma va concretata e commisurata dal legislatore ordinario secondo un criterio che concili le esigenze finanziarie dello Stato con quelle del cittadino chiamato a contribuire ai bisogni della vita collettiva, non meno pressanti di quelli della vita individuale.
Art. 53 Cost.: uguaglianza e
coerenza interna del sistema
Il principio
di uguaglianza non impedisce che vi possano essere trattamenti in apparenza
differenti rispetto ad alcune fattispecie. Il sistema, infatti, legittima
trattamenti di favore, quali agevolazioni , se ciò risponde a scopi
costituzionalmente riconosciuti:
è il caso, per fare alcuni esempi, di norme
che agevolino la famiglia (art.31), la salute (art.32), il lavoro (art.35), il
risparmio (art.47)Corollario del principio di uguaglianza, che impone al
legislatore di trattare in modo uguale le situazioni che esso stesso mostra di
considerare tali, è che la legge non deve contenere disposizioni
intrinsecamente contraddittorie, esigendo coerenza interna.
Di fronte a situazioni che il legislatore considera uguali non sono ammissibili contraddizioni: il canone di coerenza riferito alla disciplina di un tributo comporta che, assunto un presupposto quale indice di capacità contributiva, ogni fattispecie imponibile deve essere espressione di quella particolare ipotesi di capacità contributiva. In tal senso la CC, con la sentenza n.13 del 1986, in tema di imposta di successioni, dichiarò incostituzionali le norme dell’imposta de qua che trattavano i discendenti dei figli adottivi del de cuis in modo più sfavorevole rispetto ai discendenti dei figli legittimi
Di fronte a situazioni che il legislatore considera uguali non sono ammissibili contraddizioni: il canone di coerenza riferito alla disciplina di un tributo comporta che, assunto un presupposto quale indice di capacità contributiva, ogni fattispecie imponibile deve essere espressione di quella particolare ipotesi di capacità contributiva. In tal senso la CC, con la sentenza n.13 del 1986, in tema di imposta di successioni, dichiarò incostituzionali le norme dell’imposta de qua che trattavano i discendenti dei figli adottivi del de cuis in modo più sfavorevole rispetto ai discendenti dei figli legittimi
Art.
53: progressività del sistema I
La
funzione solidaristica è presente anche nel riferimento alla progressività,
consistente in un’imposizione proporzionalmente maggiore man mano che la base
imponibile aumenta. La progressività è la caratteristica di un‘imposta la cui
aliquota aumenta all'aumentare dell‘imponibile. L'imposta da pagare aumenta
quindi più che proporzionalmente rispetto all'aumento dell'imponibile.
La progressività trova la sua tipica espressione nella progressività per scaglioni: l'aliquota del prelievo fiscale, infatti, ha una tendenza a crescere ma, al contempo, è costante per intervalli di imponibile.
La progressività dell'imposta ha la funzione di redistribuzione della ricchezza prodotta, contribuendo, con spirito solidaristico, al benessere della collettività.
Esempio di imposta progressiva a scaglioni:
La progressività trova la sua tipica espressione nella progressività per scaglioni: l'aliquota del prelievo fiscale, infatti, ha una tendenza a crescere ma, al contempo, è costante per intervalli di imponibile.
La progressività dell'imposta ha la funzione di redistribuzione della ricchezza prodotta, contribuendo, con spirito solidaristico, al benessere della collettività.
Esempio di imposta progressiva a scaglioni:
·
reddito
da 0 a 10.000; aliquota d'imposta 10%; imposta 1.000; imposta complessiva 1.000
·
reddito
da 10.001 a 20.000; aliquota d'imposta 20%; imposta 2.000; imposta complessiva
3.000
·
Art. 53: progressività del
sistema II
Un'imposta
non deve necessariamente essere progressiva. E’ possibile che vi siano imposte
proporzionali, se l’ aliquota non varia al variare dell'imponibile, ovvero imposte
regressive se l’aliquota decresce al crescere dell'imponibile.
L’imposta
progressiva, proporzionale o regressiva è un’imposta variabile. Al contrario si
ha un’imposta fissa qualora questa sia predeterminata in un ammontare fisso,
prescindendo cioè dall’imponibile. Va notato che l'imposta fissa ha sempre
carattere di regressività.
La progressività riguarda il sistema tributario nel suo complesso, cioè l’insieme dei tributi. Possono, dunque, legittimamente essere presenti imposte proporzionali o addirittura regressive, purchè esistano rilevanti imposte progressive che caratterizzino il sistema: la più importante imposta progressiva è quella sul reddito delle persone fisiche.
La progressività riguarda il sistema tributario nel suo complesso, cioè l’insieme dei tributi. Possono, dunque, legittimamente essere presenti imposte proporzionali o addirittura regressive, purchè esistano rilevanti imposte progressive che caratterizzino il sistema: la più importante imposta progressiva è quella sul reddito delle persone fisiche.
Art. 53 Cost.: gli indici di
capacità contributiva
La capacità
contributiva permette di collegare la tassazione a vicende rilevanti sul piano
economico. La tassazione deve essere improntata a criteri quali la certezza ,
la semplicità, la realizzabilità concreta del prelievo, la cautela contro frodi
ed evasioni, la necessità di realizzare un sistema di controlli adeguato.
Tali criteri
devono essere fra loro contemperati per realizzare la massima efficienza del
prelievo.
La capacità contributiva è data dall’insieme delle manifestazioni economicamente rilevanti riferite ad una persona ed è influenzata da innumerevoli arricchimenti, impoverimenti, consumi, investimenti, possesso di beni patrimoniali; in ogni caso non è possibile fare un’elencazione tassativa degli indici di capacità contributiva.
La capacità contributiva è data dall’insieme delle manifestazioni economicamente rilevanti riferite ad una persona ed è influenzata da innumerevoli arricchimenti, impoverimenti, consumi, investimenti, possesso di beni patrimoniali; in ogni caso non è possibile fare un’elencazione tassativa degli indici di capacità contributiva.
Il fatto espressivo di capacità contributiva
per eccellenza e’ il reddito.
Misurare in modo preciso la capacità contributiva globale è praticamente impossibile: tutti i sistemi sottopongono a tassazione manifestazioni determinate di capacità economica, ma molte di esse sfuggono alla individuazione ed alla determinazione diretta ed indiretta; per tale motivo si utilizzano molteplici criteri di imposizione forfetaria o forme di presunzione per l’individuazione del reddito stesso.
Misurare in modo preciso la capacità contributiva globale è praticamente impossibile: tutti i sistemi sottopongono a tassazione manifestazioni determinate di capacità economica, ma molte di esse sfuggono alla individuazione ed alla determinazione diretta ed indiretta; per tale motivo si utilizzano molteplici criteri di imposizione forfetaria o forme di presunzione per l’individuazione del reddito stesso.
La Corte Cost., con sentenza, n. 283/87, ha dichiarato legittimo l’utilizzo di tali strumenti, purchè sia salvaguardata la possibilità di fornire la prova contraria .
Art. 53 Cost. : il requisito
dell’attualità e retroattività della norma tributaria I
Al
legislatore spetta trovare un equilibrio fra esigenze di certezza, semplicità,
precisione , operando le scelte che in quel dato momento si reputano più
importanti: ad esempio possono esservi disposizioni che privilegiano fini extrafiscali
(sostegno a settori che si reputano meritevoli di tutela o socialmente
apprezzabili, quali l’occupazione, il risparmio, lo sviluppo economico, la
ricerca scientifica, l’ambiente, eccetera).Il legislatore ha una ampia
discrezionalità di scelta politica, purchè rispetti i principi costituzionali e
non dia vita a soluzioni irrazionali o contraddittorie. La Corte Costituzionale
è l’organo preposto a verificare la ragionevolezza delle scelte di politica
tributaria del legislatore, nel rispetto della discrezionalità legislativa.
Art. 53 Cost. :il requisito
dell’attualità e retroattività della norma tributaria II
Fondamentale
è l’attualità della capacità contributiva, cioè che tale capacità esista nel
momento in cui deve essere effettuato il prelievo, non potendosi colpire fatti
verificatisi prima dell’entrata in vigore della relativa legge. Esistono dei
limiti alla legittimità costituzionale dell’efficacia retroattiva delle norme
fiscali impositive.
Il riconoscimento che l’articolo 53 della
Costituzione sia il possibile limite alla legislazione retroattiva sembra aver
rappresentato un punto di convergenza della maggior parte dei giuristi che
hanno affrontato il problema. Vi è un generale divieto di retroattività: questo
non vuol dire che sia impossibile che un tributo sia retroattivo. Il fatto che
in passato si sia stati titolari di ricchezza non permette però di presumere
che, all’attualità, si sia ancora titolari di tale ricchezza. In tali
fattispecie, dunque, occorre che il tributo si colleghi ad una capacità
contributiva presente nel passato e si sia in presenza di presunzioni tali da
far ritenere che la ricchezza si sia conservata fino al momento in cui il
tributo deve essere effettivamente corrisposto.
Art. 53: nuove prospettive
del principio
Attualmente
si assiste ad una modifica del principio e della nozione di capacità
contributiva, che mostra una profonda incertezza; ci si chiede, infatti, se sia
possibile annoverare fra gli indici di capacità contributiva anche parametri
connessi con il diverso status sociale dei vari contribuenti, tali da
giustificare trattamenti fiscali differenziati. Un esempio particolarmente
significativo è dettato dalla disciplina dell’IRAP, sottoposta a diverse
pronunce di compatibilità costituzionale. In particolare, la
sentenza n. 21/05, ha sancito che se
l’idoneità alla contribuzione ricollegabile alla nuova ricchezza prodotta è
identica per tutte le forme di attività autonomamente organizzata, siano esse
di tipo imprenditoriale o professionale, ne discende che la sottoposizione di
tutti i soggetti passivi alla medesima aliquota non contrasta né con il
principio di eguaglianza né con quello di capacità contributiva. La Corte ha
negato l’illegittimità costituzionale di un’unica aliquota, senza escludere la
legittimità costituzionale di aliquote differenziate per settori. Occorre
riflettere se ed entro quali limiti il legislatore possa esercitare il proprio
potere di differenziazione del prelievo tributario a carico dei diversi settori
produttivi senza recidere la correlazione (costituzionalmente imposta) tra
prestazione tributaria e capacità contributiva. Si tratta di un tema
estremamente attuale, tanto sotto il profilo prettamente costituzionalistico
quanto, soprattutto, sotto quello politico (in senso lato).
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Prof. Antonio Passannanti